Morningstar Investor - Settembre/Ottobre 2011 - (Page 13)

In Primo Piano Giovani e precari, la pensione resta un miraggio Di Vincenzo Galasso Meno posti fissi e più contratti a tempo determinato lasciano alle nuove generazioni poche risorse per mettere da parte qualcosa per la vecchiaia. Ma l’assegno pubblico non basta più. Nel 1995, quando la riforma Dini ha introdotto diverse misure per incentivare la previdenza complementare in Italia, il legislatore presagiva la necessità di accostare alle pensioni pubbliche che sarebbero state progressivamente meno generose un secondo pilastro privato. Ma forse pochi pensavano che l’evoluzione del mercato del lavoro in un sistema duale, diviso tra lavoratori a tempo indeterminato e determinato, avrebbe ulteriormente penalizzato il trattamento previdenziale dei giovani che si preparavano ad affacciarsi sul mercato del lavoro nel nuovo millennio. Eppure quindici anni dopo, il precariato che colpisce le giovani generazioni non fa più notizia. Di dieci persone con meno di 30 anni che trovano un lavoro, solo tre ottengono un impiego a tempo indeterminato, le altre entrano con una delle oltre quaranta tipologie di contratto a tempo determinato esistenti. Ed il primo impiego è importante anche per il futuro: ogni anno solo poco più del 10% di giovani con un contratto a tempo determinato riesce ad ottenerne uno a tempo indeterminato. Questo limbo è dunque persistente, poco generoso – in media il salario è inferiore del 25% a quello dei più fortunati (che hanno un contratto a tempo indeterminato), senza assicurazioni pubbliche, ovvero senza sussidi di disoccupazione, e con un percorso lavorativo accidentato, fatto anche di disoccupazione, magari accompagnata dal ritorno a casa dei genitori. Una pesante eredità Ma il precariato rischia di lasciare un’eredità pesante anche sul futuro di queste giovani generazioni, un sigillo di fuoco che li segue fino alla pensione. Al termine della loro vita lavorativa, i giovani entrati nel mercato del lavoro all’inizio del millennio potrebbero scoprire di dover pagare ancora una volta il conto lasciato dai padri. Con il sistema contributivo (ma le cose non sarebbero cambiate di molto anche con il sistema retributivo esistente prima della riforma Dini), le loro pensioni saranno molto meno generose di quelle dei loro padri. In assenza di altre fonti di reddito, i giovani di oggi saranno dunque forzati, non dalle leggi del Parlamento, ma da quelle dell’economia, ad andare in pensione più tardi, per potersi garantire un reddito previdenziale adeguato. Carriere a confronto Per comprendere l’entità dell’impatto del nostro mercato duale – o meglio del precariato – sulle pensioni di domani è utile confrontare le ipotetiche carriere lavorative di due “giovani”. Per le donne, il calcolo sarebbe ancora più impietoso, poiché, almeno in Italia, esse hanno carriere lavorative più discontinue e dunque pensioni tipicamente più basse degli uomini. Consideriamo un ragazzo con un diploma di scuola superiore che entra nel mercato del lavoro a 25 anni con un contratto a tempo indeterminato e uno salario mensile di 1.000 euro. Alla fine della sua carriera lavorativa, il suo salario reale (ai prezzi dell’anno 2010) supera i 2.000 euro. Se decidesse di andare in pensione a 60 anni, otterrebbe un beneficio previdenziale mensile reale stimato attorno ai 1.065 euro, con un tasso di sostituzione (il rapporto tra pensione e salario pre-pensionamento) attorno al 53%. Posticipando fino a 67 anni l’uscita dal mercato del lavoro, la sua pensione reale mensile oscillerebbe attorno ai 1.600 euro, con un tasso di sostituzione dell’80%. Con 42 anni di contributi, il nostro giovane lavoratore otterrebbe dunque lo stesso trattamento previdenziale del padre (ovvero un tasso di sostituzione dell’80%), che di anni ne aveva lavorati 40. Consideriamo un giovane meno “fortunato”, che entra nel mercato del lavoro a 25 anni con un contratto temporaneo, che riesce a mantenere fino ai 28 anni. Successivamente è disoccupato per un anno, poi ottiene un lavoro a tempo determinato che mantiene fino ai 32, quando si ritrova nuovamente disoccupato. A 33 anni l’ultimo contratto temporaneo che dopo due anni si trasforma finalmente in un contratto a tempo indeterminato. Anche in termini salariali, questo giovane è meno Morningstar.it 13 http://www.Morningstar.it

Tabella dei contenuti per la edizione digitale del Morningstar Investor - Settembre/Ottobre 2011

Morningstar Investor Settembre/Ottobre 2011
Attualità
Rubriche
Hanno scritto per noi
L'Editoriale
I primi passi per curare le proprie finanze
Quando in famiglia i conti tornano
Traditi dalle emozioni
Giovani e precari, la pensione resta un miraggio
Gestioni previdenziali: prima regola, prudenza
Che fatica fare quadrare il bilancia famigliare
Come scegliere il conto deposito
Dai i voti al promotore/consulente
Una manovra necessaria
Rischio sistemico, è più alto se tutti investono nello stesso modo
L’asset allocation dei maghi della finanza
La lezione di Buffet
Fund Analysis dei fondi bilanciati
Fondi o titoli, quale via per la Borsa
Delusione della performance? Occhio al tempo

Morningstar Investor - Settembre/Ottobre 2011

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