Morningstar Investor Marzo/Aprile 2012 - (Page 24)

In Pratica La metamorfosi degli indici Di Marco Caprotti La volatilità ha cambiato il volto dei mercati. Nascono nuovi benchmark tra realtà e miti da sfatare. Non esistono più gli indici di una volta. O meglio, hanno cambiato funzione. Se una volta i panieri in cui vengono raccolti titoli azionari o di debito servivano ai gestori per esporsi senza rischiare troppo su un determinato mercato e ai piccoli investitori per avere una fotografia immediata di come stava andando il loro fondo, oggi, con un’attività di investimento resa sempre più complessa dall’aumento del numero degli asset e dalle crisi dei mercati, il ruolo dei benchmark sta cambiando e deve riflettere altri elementi come, ad esempio, l’avversione al rischio del cliente, le sue aspettative e il suo orizzonte temporale. Strategie sugli indici Ma partiamo dall’inizio. L’indice è una sorta di paniere di titoli che intende rappresentare in tutto o in parte un determinato mercato. Riflettendo l’andamento di un determinato mercato il paniere dà agli investitori un termine di paragone per calcolare la performance che sta realizzando. Fino a qualche tempo fa la maggior parte delle strategie erano studiate per cercare di seguire le performance del paniere, costruendo un portafoglio in cui ci fossero le stesse azioni che componevano l’indice. Una tattica seguita ancora oggi quando si utilizzano i fondi-indice o gli Exchange traded fund (Etf). Investire in prodotti disegnati per replicare la performance di determinati indici come quelli sulle azioni europee o sui bond a lungo termine, permette agli operatori di avere una mera esposizione a uno specifico segmento e a un costo basso”, spiega uno studio firmato da Christopher Philips, analista di Vanguard. “Il risultato è che l’uso degli indici, nel tempo, è diventato sempre più popolare”. Oggi si stima che gli strumenti che si affidano a un paniere, compresi gli Etf abbiano un valore superiore ai 1.600 miliardi di dollari, il 13,2% degli asset totali gestiti dalle società di investimento. “E’ dagli anni ’60-’70 che si utilizzano gli indici come strategia di investimento”, spiega Alexandre Vecchio, Director di Ossiam. “Il punto di partenza, espresso dalla teoria chiamata Capital Asset Pricing Model, elaborata da William Sharpe, era che, se tutti i soggetti che operano sul mercato hanno le stesse aspettative, posseggono le medesime informazioni e le ipotesi di efficienza dei mercati del modello di Markovitz sono rispettate, allora avere un portafoglio che riflette il mercato è la soluzione più efficiente per generare rendimento. Era una soluzione elegante a una serie di problematiche, ma la realtà dei fatti ha dimostrato che spesso non funziona così. Studi successivi - anche dello stesso Markovitz hanno dimostrato che se veniva a mancare una delle condizioni di partenza, allora il portafo- glio ponderato per la capitalizzazione di Borsa diventava meno efficiente”. Va anche detto che questo modo di operare ha dato dei risultati. “Per anni nel lungo termine i portafogli azionari hanno generato rendimenti medi annuali prossimi a un premio al rischio dell’8%” continua Vecchio. “Negli ultimi 10 anni invece, anche a causa dell’aumento della volatilità, chi si è affidato al benchmark market cap ha visto deluse le sue aspettative”. Nuovi panieri L’evoluzione dello scenario di riferimento ha portato gli operatori a nuovi studi sulla gestione che non disperdessero l’esperienza precedente ma che permettessero l’utilizzo di nuove strategie adatte a diverse condizioni di mercato. “Fondamentalmente si sono sviluppati tre filoni”, spiega il Director di Ossiam. “Tutti e tre sono di tipo quantitativo. Il primo utilizza indici che pongono l’accento sulla diversificazione. Un esempio sono i panieri equal weigth che danno lo stesso peso ai titoli. Gli studi dimostrano che è una delle strategie più difficili da battere”. Un altro filone è quello di indici fondamentali, in cui la scelta dei componenti del paniere viene fatta in base a caratteristiche ben precise, come i dividendi o il Pil. Un’altra scuola di pensiero ha sviluppato benchmark basati sugli indicatori di rischio, partendo dal presupposto che se i rendimenti sono 24 Morningstar Investor Marzo / Aprile 2012

Tabella dei contenuti per la edizione digitale del Morningstar Investor Marzo/Aprile 2012

Morningstar Investor Marzo/Aprile 2012
Attualità
Rubriche
Hanno scritto per noi
L'Editoriale
In principio, Markovitz
Il primato dell’asset allocation
MVO, l’evoluzione della specie
Markovitz 2.0
Oltre alla teoria dell’utilità attesa
Analisi di portafoglio, strumenti di frontiera
Rischio e modelli scenari
La metamorfosi degli indici
Cap e fondamentali, mix possibile
Un portafoglio con stile
Value, growth, cicli di mercato e sentiment
Strategia, chiave di volta del bravo gestori
Quando il gestore fa la differenza
Manuale d’uso dei fondi bilanciati
Analisi Morningstar
Markovitz 2.0, dalla teoria alla pratica

Morningstar Investor Marzo/Aprile 2012

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