Morningstar Investor – Maggio/Giugno 2011 - (Page 44)

Analisi Morningstar Fatturato made in Bric Di Francesco Lavecchia Aziende metallurgiche, banche, società edili e produttori di beni di lusso hanno in comune un sempre maggior giro d’affari nei Paesi emergenti. Ecco perché. Il fenomeno del Foreign direct investment (Fdi) è esploso all’inizio degli anni ’90 quando molti Paesi hanno deciso di aprirsi all’economia di mercato, alcuni perché costretti dalla Banca mondiale ad applicare riforme strutturali per accedere alle sue linee di credito, altri invece convinti di poter dare un importante stimolo all’economia attraverso l’afflusso di nuove risorse finanziarie. La dottrina economica, dopotutto, ha sempre cercato di promuovere i vantaggi per i Paesi ospitanti nell’accogliere capitali esteri. I Keynesiani dimostravano come il motore della crescita di un’economia fosse il risparmio e che quindi, nel caso in cui questo scarseggiasse, l’economia avrebbe avuto bisogno di attrarre investimenti esteri. Più di recente, invece, i modelli di crescita endogena, che giustificavano la crescita di lungo periodo con la combinazione di tecnologia e capitale umano, sono stati presi ad esempio per suggerire come l’insediamento di aziende multinazionali nei Paesi in via di sviluppo può favorire il trasferimento di tecnologia e di nuove conoscenze ai lavoratori, producendo un effetto positivo sull’economia interna. In questo modo tra il 1990 e il 1994 l’Fdi verso gli emergenti è aumentato del 40%. Asia, est Europa, America latina e poi Bric La prima ondata d’investimenti è stata guidata dalle società impegnate nelle attività manifatturiere ed estrattive. L’Asia, che offriva manodopera a basso costo, ha catalizzato i capitali esteri, tant’è che nel 1993 gli investimenti diretti esteri rappresentavano oltre il 60% del totale. Risalgono a questo periodo anche i primi investimenti in Africa che, nonostante le problematiche legate alle infrastrutture e all’instabilità politica dei governi (in particolar modo nella regione sub-Sahariana), attraeva molte multinazionali occidentali grazie alla larga e soprattutto economica disponibilità di risorse naturali. Il secondo flusso si è registrato nella seconda metà degli anni ’90 quando in molti Paesi dell’America latina e dell’Europa centrale e orientale si è assistito alla privatizzazione di imprese statali e alla liberalizzazione di settori strategici. Molte società hanno approfittato della necessità di queste aree di aprirsi all’economia globale e della dissoluzione dell’Unione Sovietica per rilevare aziende pubbliche, perlopiù attraverso operazioni di M&A. Alla fine degli anni ’90, la crisi delle cosiddette “tigri asiatiche” ha spostato i capitali verso l’America latina, che nel 1999 ha raggiunto il suo picco (80 miliardi di dollari investimenti di Fdi). Negli ultimi anni i flussi finanziari verso questa regione sono calati drasticamente non solo a causa della crisi argentina ma anche in seguito al rallentamento del processo di privatizzazione, ostacolato dall’insediamento di governi socialisti come ad esempio in Venezuela. Le multinazionali occidentali, quindi hanno reindirizzano i loro capitali verso i Bric (Brasile, Russia, India, Cina), caratterizzati da un crescente fabbisogno di infrastrutture e da una domanda interna in forte espansione. Perché un’azienda va in un Paese emergente Un’indagine condotta dal Fondo monetario internazionale e dalla Banca mondiale su un campione di società private dimostra quali siano le determinanti che influenzano la decisione sui Paesi in cui indirizzare i propri investimenti. A parte le richieste comuni a tutti gli operatori quali la prevedibilità del regime fiscale, la stabilità politica e la qualità dell’amministrazione pubblica, le variabili che incidono sulla scelta finale sono diverse a seconda dei settori, e all’interno di ogni settore variano a seconda delle necessità di mercato e di efficienza produttiva. Banche e aziende estrattive utilizzano un processo di selezione top-down nel quale prevalgono gli aspetti geografici e demografici, quali la disponibilità di materie prime, la distribuzione del reddito e dell’età della popolazione, o ancora il livello del risparmio. La Vedanta Resources, società britannica operante 44 Morningstar Investor Maggio/Giugno 2011

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Morningstar Investor Maggio/Giugno 2011
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Emergenti, la crescita passa dai consumi
Asia, il terremoto fa meno danni dell'inflazione
Emergenti o emersi?
Sviluppati, dinamici, emergenti: opportunità e rischi nei singoli Paesi
La frontiera è mobile
L'inflazione della Cina non è quella degli Usa
Emergenti, integratori di portafoglio
Quanti EM nei fondi globali e bilanciati
Così mi compro l'emergente
Investire sui mercati emergenti con i migliori fondi
Fund Analysis Emergenti
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