Morningstar Investor - Gennaio/Febbraio 2012 - (Page 8)

Per Cominciare Potenze a confronto Di Valerio Baselli Il dollaro è la carta vincente degli Stati Uniti sul piano internazionale. Lo sviluppo economico rende forte la Cina. Usa appesantiti dai debiti Già molto grande e sviluppata sul finire dell’Ottocento, l’economia Usa ha cominciato a decollare davvero solo dopo la seconda guerra mondiale. Cresciuta a grandi passi negli anni ‘50 e ’60, oggi gli Stati Uniti d’America sono la più grande economia del mondo, con un Pil di circa 14.300 miliardi di dollari. Ma per quanto? Secondo l’analisi del Fondo monetario internazionale, gli Usa hanno chiuso il 2011 con una crescita del 2,8% (leggermente sopra al 2,3% stimato in autunno), risultato che dovrebbero replicare anche quest’anno (previsioni del 2,9%). Per quanto riguarda il mercato del lavoro, l’Fmi ipotizza un miglioramento nel tasso di disoccupazione, che potrebbe scendere dall’8,5 al 7,8% nel corso del 2012. Tuttavia, la creazione di nuovi posti di lavoro rimane deludente se si considera il tracollo avuto dopo il fallimento della banca Lehman Brothers. I problemi principali, comunque, restano legati al debito pubblico (ha raggiunto nel 2010 i 14,46 mila miliardi di dollari, circa il 100% del Pil, quasi triplicando rispetto al 2000, quando era inferiore ai 5.500 miliardi) e al disavanzo delle partite correnti, in pratica i conti con l’estero. Infatti, gli Usa presentano, a partire dal 1981, uno squilibrio che si è andato approfondendo e che, secondo l’Fmi, andrà peggiorando anche in futuro. In particolare, tale deficit è dovuto ad un forte disavanzo commerciale. Tra le cause principali di questo trentennale disavanzo ci sono i bassi livelli di risparmio delle famiglie, ai quali corrispondono consumi altissimi (intorno al 70% del Pil). L’importanza di chiamarsi dollaro Uno dei punti di forza degli Usa è rappresentato dalla moneta: il dollaro statunitense è la valuta di riferimento a livello mondiale, con cui sono quotate le materie prime ed alcuni paesi adottano il biglietto verde come divisa nazionale. Questo vuol dire che gli Stati Uniti possono emettere più moneta di quella necessaria per soddisfare il bisogno nazionale, con conseguente aumento del signoraggio incamerato dalla banca centrale. Il vero vantaggio consiste nell’avere una maggiore libertà di usare gli strumenti di politica monetaria per la stabilizzazione interna. Il Dragone frena ma non si ferma L’economia cinese si affaccia al nuovo millennio come una delle più potenti sul piano internazionale, l’unica in grado di soffiare agli Usa lo scettro di “economia più forte al mondo”. Lo sviluppo economico della Cina è cominciato in particolare sul finire degli anni ’70, quando lo Stato comunista della Repubblica popolare cinese decise di porre fine a decenni di chiusura al mercato (nel 1979 il governo abolisce le restrizioni sul commercio estero). Da allora, l’ex celeste impero ne ha fatta di strada, fino ad arrivare ad essere la seconda economia mondiale subito dopo gli Usa. Dal 2003 al 2011, infatti, la crescita economica non è mai scesa sotto l’8% annuo, arrivando anche al 12% nel 2008. La più grande risorsa dell’economia cinese è sicuramente la manodopera, numerosa e a basso costo, ma anche con segmenti altamente specializzati. La Cina, non a caso, ha basato le proprie fortune sulle esportazioni. E per il 2012? Secondo quanto reso noto dal Libro blu dell’economia, pubblicato lo scorso 7 dicembre dall’Accademia delle scienze sociali cinese, per il 2012 è previsto un progressivo rallentamento della crescita economica. Si prevede che il tasso di crescita del Pil per il 2012 raggiungerà l’8,9%, mentre il Cpi arriverà a quota 4,6%. Sempre lo scorso dicembre la banca d’investimento Barclays Capital ha pubblicato un rapporto, nel quale si osserva che, influenzate dall’ammorbidirsi della recessione economica dell’Eurozona e dall’ulteriore bilanciamento del mercato immobiliare cinese, le previsioni della crescita economica cinese per il 2012 sono ribassate dall’8,4% all’8,1%. Inoltre, si prevede che, alla fine del 2012, la banca centrale cinese possa ribassare di almeno quattro volte il tasso dei depositi di riserva, facendo sì che il deficit finanziario occupi il 2,2% del Pil. Il giorno 6 dicembre l’agenzia Standard & Poor’s ha confermato il rating del credito sovrano a lungo termine della Cina come “AA-” con outlook stabile. K Valerio Baselli è editor di Morningstar Italy Glossario Pil = Prodotto interno lordo Fmi = Fondo monetario internazionale Cpi = Consumer price index (Indice dei prezzi al consumo) 8 Morningstar Investor Gennaio / Febbraio 2012

Tabella dei contenuti per la edizione digitale del Morningstar Investor - Gennaio/Febbraio 2012

Morningstar Investor Gennaio/Febbraio 2012
Attualità
Rubriche
Hanno scritto per noi
L'Editoriale
Potenze a confronto
Gli Usa non fanno marcia indietro
La Cina ha molte carte da giocare
Cosa manca a Shanghai per essere Wall Street
Gli americano rivalutano il risparmio, i cinesi provano a ridurlo
Imprese di stato, è tempo di cambiare
Compro la Cina da Milano
5 domande a Pierpaolo Benigno (economista)
Rischio super-potenze, strategie di copertura
Cina e Usa: motori difettosi?
Analisi Morningstar
Usa e Cina negli Etf
ETF Analysis
Gli affari d'oro di New York a Pechino
Cina e Usa sono big anche nei fondi

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